E’ certo che l’attuale sistema
di programmazione, così come è stato descritto finora, risponde
a esigenze, oramai obsolete,
di un sistema sociale fondato sulla produzione industriale, sulle
grandi organizzazioni e sui grandi progetti, su una politica occupazionale
diretta a settori e gruppi di beneficiari. Questo sistema di programmazione
non risponde più ad un tipo
di società, come quella attuale, in cui la produzione di beni immateriali
ha sostituito quella di beni materiali ed in cui la politica di
sviluppo sempre di più è focalizzata su singoli progetti che creano
occupazione, e non sulle grandi politiche. La polivalenza
ha sostituito la specializzazione, l’occupazione nei servizi aumenta
ma non quella dell’industria, le abilità relazionali devono essere
integrate (e talvolta sostituiscono) la qualificazione tecnica.
Va modificandosi anche la storica rigidità
tra tempo di vita e tempo di lavoro, per cui oggi si va configurando
sempre più una continuità tra
sfera domestica e professionale e una nuova
gestione del tempo, nonché una conciliazione
con il territorio. In sostanza si è verificato il passaggio da un
paradigma, quello industriale, ad uno nuovo (postindustriale, postmoderno,
società dell’informazione, villaggio globale, globalizzazione, ecc.),
mentre ancora non tutti gli strumenti di intervento sociale sono
stati ripensati e riprogettati.
L ’essenza del progetto ADAPT sta nella opportunità offerta dalla
valorizzazione della dimensione locale e nella progettazione di
azioni formative fortemente aderenti a tali contesti. Le riflessioni
che stanno a monte sono le seguenti:
- l’utilità
di privilegiare la dimensione locale per promuovere lo
sviluppo sostenibile. Ciò che caratterizza questo concetto,
a nostro parere, sta nello sforzo di progettare strategie di sviluppo
con modalità nuove, valorizzando gli apporti culturali delle popolazioni
interessate e trasformando gli elementi del loro contesto ambientale
in risorse utili. Adottare questa ottica significa promuovere
uno sviluppo che sia endogeno; che possa contare sulle
proprie forze; che parta dalla logica dei bisogni; che
promuova simbiosi tra uomo e natura; che resti aperto al
cambiamento istituzionale.
-
Lo sviluppo locale è considerato il volano per il
rilancio dell’occupazione attraverso l’allargamento della
base produttiva innovativa, la valorizzazione delle risorse
locali e la nascita di nuovi soggetti che intervengono
nel mercato del lavoro. Le analisi dello sviluppo economico territoriale
europee dimostrano che esistono forti fattori endogeni che spiegano
la capacità di crescita dei sistemi locali, a parità di
condizioni strutturali. Il presupposto di questo ragionamento
è che il territorio possiede delle risorse, la cui valorizzazione
economica può concorrere alla creazione di nuovi posti di lavoro.
Lo strumento della concertazione sembra affermarsi come elemento
distintivo di tale processo.
-
La trasformazione in atto nel lavoro ed il mutamento dei
lavori: il tema della flessibilità. Uno degli aspetti importanti
per il rilancio dell’occupazione consiste nella promozione di
nuove forme di flessibilità del mercato del lavoro: flessibilità
organizzative, salariali, del tempo e dell’orario di lavoro (part-time,
a tempo determinato, lavoro interinale, con orari diversificati,
ecc.).
-
Le caratteristiche dei nuovi bacini di impiego: le aree
di nuova occupazione spesso coincidono con il terreno di nascita
delle forme di offerta non profit (terzo settore) e dei servizi.
-
Il più recente dibattito sulla flessibilità delle competenze
e sul ruolo della formazione professionale. La costante evoluzione
nelle organizzazioni ha portato ad una ridefinizione delle
figure professionali. La qualificazione professionale non è più
solamente competenza tecnica, ma riguarda molti altri aspetti
della vita lavorativa e sociale, come i sistemi di relazione,
i valori, esperienze e conoscenze di natura diversa.
Questa
è la flessibilità delle competenze, un insieme di abilità e conoscenze
che dà luogo alla capacità di comprendere a fondo i cambiamenti
in atto, più che dare delle risposte stereotipate. La competenza
coinvolge molteplici aspetti, che vanno dalla capacità di affrontare
problemi complessi, alla capacità di valutare, scegliere ed agire
anche in campi limitrofi al proprio, fino alla capacità di mettersi
in relazione con gli altri. Per tutti questi motivi la conoscenza
necessaria alla competenza non si esaurisce in conoscenze di tipo
scolastico o accademico. Mentre in passato la qualificazione professionale
si basava su un approccio teorico fondato sull’analisi dei compiti,
oggi è necessario preparare le persone ad attività specifiche,
dotandole di capacità che siano in grado di evolvere
nel tempo e modificarsi a seconda del contesto. A questo
punto, l’approccio tradizionale alla formazione professionale, teso
alla costruzione di profili definiti una volta per tutte, appare
senz’altro molto limitato. Oggi invece la competenza sembra
avere bisogno di un insieme di conoscenze generali in cui siano
investiti più campi del sapere ed essere considerata oggetto di
formazione ricorrente nel contesto lavorativo e in altri contesti
(formazione continua).
Nota
1 ( istituzionale)
Cfr. Sachs, I nuovi campi della pianificazione, Edizioni Lavoro,
Roma, 1984.
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