Perché il Parco del Gennargentu
La perimetrazione
Il decreto istitutivo
Strumenti di attuazione
Piano del Parco
Vantaggi per l'economia e lo sviluppo
Vincoli e regolamento
Agricoltura e pastorizia
Il taglio della legna
Caccia e pesca
L'attività edilizia
Perché
il Parco del Gennargentu
Le più recenti analisi sull'assetto sociale del
comprensorio del Gennargentu sono alquanto allarmanti: diversi indicatori
riportano valori tipici di un territorio in via di progressivo degrado.
Tra questi un notevole rilievo rivestono, nel quadro del sistema
socio-economico, i dati sullo spopolamento (la densità demografica
è attualmente di 24 abitanti per chilometro quadrato, con una contrazione
di quasi il 2%), e sulla disoccupazione che raggiunge nel settore
giovanile i valori più allarmanti (45 mila disoccupati in Provincia
di Nuoro, con un tasso di circa il 60%). Questi fenomeni sono una
diretta conseguenza di condizioni economiche in progressivo peggioramento
sin dagli anni '60: il reddito pro capite è attualmente uno dei
più bassi dell'isola (8,6 milioni).
Fonti aggiornate riportano inoltre che in paesi come Ussassai, Seui,
Orgosolo, Gairo, Fonni, Desulo, tutti ricadenti nelle zona più interna
del Parco, sono diminuite le aziende del settore agricolo e gli
addetti del settore industriale. Si registra quindi una scomparsa
delle tradizionali fonti di sopravvivenza e una mancanza di concrete
alternative.
A tale situazione socio economica si contrappone d'altra parte una
grande ricchezza di tradizioni e di cultura e la presenza di un
grosso capitale "naturale" da cui attingere in termini di sviluppo
sostenibile e integrato. Nel Gennargentu troviamo infatti la massima
espressione dello spettacolare valore naturalistico della Sardegna.
Previsto già nel 1962 dal Piano di Rinascita della Sardegna, questo
comprensorio eccezionale presenta tutti gli elementi che ne individuano
chiaramente la specifica vocazione a Parco: una straordinaria ricchezza
di elementi vegetazionali, floristici, faunistici, geologici e paesistici
che non hanno eguali, un grado di antropizzazione contenuto, un'economia
a forte componente tradizionale (quella pastorale) in grave declino,
nonché delle caratteristiche storico-culturali di notevole rilevanza.
Le tante iniziative improvvide o speculative, attuate negli anni
nella più totale assenza di una politica complessiva del territorio,
hanno indubbiamente rosicchiato in parte quei valori naturali e
paesistici sui quali il Parco dovrebbe fondarsi. Ma pur alterato
e impoverito in alcune sue parti, il territorio del Gennargentu
costituisce ancor oggi la più vasta e straordinaria tra le aree
naturali del nostro paese.
Uno degli ultimi residui di una spettacolare Wilderness mediterranea,
il Gennargentu è un vero e proprio serbatoio e del patrimonio naturale
dell'isola e del sistema mediterraneo. Modellato da secoli di pastorizia
tradizionale questo ambiente presenta ancora un'antica ricchezza:
splendidi frammenti di foreste di lecci o di castagni, popolamenti
residuali di tasso e di agrifoglio, maestosi esemplari arborei che
a un esame più ravvicinato si rivelano appartenere a essenze tipiche
della macchia mediterranea: corbezzoli, filliree, lentischi, ginepri.
Non manca una moltitudine di entità floristiche endemiche, rare
o localizzate talvolta ad areali quasi puntiformi. Alcune presenze,
di recente o recentissima scoperta, insieme individuano una microflora
relitta di grande significato scientifico e biogeografico. Per quanto
concerne la fauna molte sono le presenze indicatrici di una natura
per molti tratti selvaggia. L'importanza del territorio è amplificata
da un ambiente umano con profonde radici nell'assetto territoriale:
piccoli paesi rimasti in molti casi fuori dai consueti circuiti
turistici e con forte patrimonio tradizionale e culturale.
Il Parco sarebbe il modo migliore per propagandare e diffondere
il valore di una natura sapientemente preservata, rendendola accessibile
ai tanti che ne sono attratti, per adottare una strategia di crescita
economica che sappia tramutare il patrimonio naturale e paesistico
in una occasione di sviluppo coerente e duraturo per le popolazioni
locali, invertendo l'attuale tendenza al degrado socio-economico.
La
perimetrazione e la zonazione
La base di partenza per definizione del territorio
da ricomprendere allinterno parco nazionale era data circa 59.000
ettariprevistiil regionale dalla legge n. 31/89. Questa perimetrazione
riguardavaanche se solo parzialmente 14 comuni:
- Aritzo;
- Arzana;
- Baunei;
- Desulo;
- Dorgali;
- Fonni;
- Gairo;
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- Oliena;
- Orgosolo;
- Seui;
- Talana.;
- Urzulei;
- Ussassai;
- Villagrande
Strisaili.
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A seguito della nuova intesa il perimetro del parco
nazionale comprende 24 comuni e un territorio di circa 73.000 ettari.
A questa nuova e più larga estensione ha corrisposto una
diminuzione delle quote di territorio riguardanti i comuni rientranti
nel perimetro del parco regionale. Ad esempio Orgosolo rispetto
ad una quota di circa 11.500 ettari previsti nel parco regionale,
rientra in quello nazionale per circa 8.000 ettari, Villagrande
è passato da quasi 7.000 a poco più di 4.000, Arzana
da oltre 7.000 a poco più di 3.000. L'aumento del territorio
è dato, quindi, dall'entrata di nuovi comuni, ossia quelli
di Belvì, Gavoi, Lodine, Meana Sardo, Ollolai, Olzai, Ovodda,
Seulo, Sorgono, Tiana e Tonara. Il parco nazionale, così
come perimetrato, riunisce oggi una varietà di ambienti naturali
e di identità culturali che lo rendono particolarmente significativo.
Anche se bisogna ammettere che interessanti aree sono state escluse,
ciò non toglie che in un secondo periodo esse possano essere
ricomprese.
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Il
Decreto istitutivo del Parco
Il decreto che istituisce il parco prevede la creazione
di un ente di gestione, definisce il perimetro, suddivide lo stesso
in diverse zone e appone misure di salvaguardia, differenziate a
seconda delle diverse zone.
L'ente di gestione è composto da 5 organi:
-
il Presidente;
- il
Consiglio direttivo;
- la
Giunta esecutiva;
- la
Comunità del Parco;
- il
Collegio dei Revisori dei Conti.
Il presidente verrà nominato previa intesa
tra il Ministro dell'ambiente e la regione Autonoma della Sardegna.
La comunità del parcoè composta dal Presidente della
Regione Autonoma della Sardegna, da quello della Provincia di Nuoro,
da quelli delle Comunità Montane e dai sindaci dei comuni
interessati.
Il Consiglio direttivo sarà formato da 5 rappresentanti della
Comunità del parco, da 2 del Ministero dell'ambiente, da
1 del Ministero per le risorse agricole, 2 del mondo scientifico
e 2 delle associazioni ambientaliste.
La Giunta esecutiva sarà composta da 5 membri del Consiglio
direttivo.
Il Collegio dei Revisori dei Conti verrà composto da 3 ragionieri
nominati dal Ministro del Tesoro.
Come emerge chiaramente l'Ente Parco vede in maggioranza rappresentate
le collettività locali. Del resto questo risponde alla filosofia
della legge che, pur avendo a riferimento un territorio che riveste
un importanza per tutta la collettività nazionale, preferisce
che la gestione di questo venga svolta localmente con la partecipazione
in maggioranza di tutti gli enti locali rappresentativi. Ciò
nonostante il fatto che il parco nazionale rappresenta un valore
per l'intera collettività nazionale e giustifichi l'impiego
di specifiche risorse pubbliche statali. In termini più chiari,
esso giustifica la spesa di parte del reddito nazionale per gli
interventi di conservazione e di valorizzazione del territorio,
delle attività economiche tradizionali e delle culture locali
per il Gennargentu e il Golfo di Orosei, che altrimenti non potrebbe
essere concessa. La soluzione, che ha individuato la legge, appare
la più equilibrata. Essa, infatti, consente di offrire garanzie
di rappresentatività sia alla comunità locale che
a quella nazionale. Per quanto riguarda il territorio, esso è
stato diviso, in attesa del piano del parco che sarà fatto
dall'ente stesso, in 3 differenti zone:
- zona
1, di circa 8.500 ettari;
- zona
2, di circa 10.500 ettari;
- zona
3, di circa 54.500 ettari.
Ad
ogni differente zona corrisponde un diverso regime di tutela. Su
tutto il territorio del parco nazionale sono fatti salvi gli strumenti
urbanistici vigenti. Questo significa che si potrà costruire
su tutto il territorio del parco le abitazioni che previste dagli
strumenti urbanistici vigenti, previa autorizzazione dell'ente parco.
Non sarà prevista tale autorizzazione se si tratta di opere
di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, di restauro conservativo
e di risanamento igienico-edilizio.
Gli
strumenti di attuazione del Parco
La
nascita del parco prevede una serie di compiti che debbono essere
messi in atto dall'ente parco. Essi sono:
- il
piano del parco;
- lo
statuto dell'ente;
- il
regolamento del parco;
- il
piano pluriennale socio-economico.
Lo
statuto costituisce lo strumento con il quale si disciplina l'organizzazione
interna del parco. Esso viene redatto da parte dell'Ente Parco e
viene approvato dal Ministro dell'Ambiente di intesa con la Regione
Autonoma della Sardegna. Nello statuto saranno previste anche le
modalità di partecipazione popolare all'attività dell'ente.
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Il
Piano del Parco
Come
si è visto, il territorio compreso nei parchi nazionali e
nelle aree naturali protette è sottoposto ad un regime di
vincoli e di divieti applicati in modo graduale, perseguendo in
tal modo un'innovativa politica di pianificazione e di gestione
del territorio. Viene così attuato l'obiettivo di conciliare
la conservazione dell'ambiente naturale con la presenza e l'attività
dell'uomo, aspetto peculiare dei parchi italiani ed europei: al
contrario dei grandi parchi nazionali nordamericani o africani,
i parchi europei si distinguono per un'estensione più limitata
e per un'accentuata presenza antropica. Sorge a tal punto la necessità
di armonizzare l'attività umana con l'ambiente circostante,
inserendo in questo contesto un utilizzo compatibile del territorio
ai fini turistici e ricreativi: è importante sottolineare
il ruolo svolto dalla cosiddetta "carryng capacity", la
capacità dell'ambiente naturale di sopportare la presenza
dell'uomo, la localizzazione di strutture produttive e turistiche.
La zonazione del territorio, o Piano del Parco, così come
prevista dalla legge quadro sulle aree naturali protette, n. 394/91,
si configura come uno strumento efficiente di distribuzione dei
carichi e della pressione antropica sugli ambienti naturali, facendo
diventare i parchi nazionali elementi di riequilibrio del territorio.
Questo significa che non tutto il territorio del parco è
sottoposto allo stesso grado di tutela; allo scopo di consentire
lo sviluppo dell'ecoturismo e delle attività umane nel contesto
dell'area naturale protetta, compatibilmente con la finalità
principale di conservazione dell'ambiente naturale, vengono distinte
varie zone, differenti per caratteristiche e valore ambientale,
specificando attraverso il regolamento per ciascuna zona quali sono
le attività ammesse e quelle vietate. La legge quadro prevede
la suddivisione del territorio in quattro zone in base al diverso
grado di protezione: riserva integrale, riserva generale orientata,
aree di protezione e aree di promozione economica.
Le riserve integrali, nelle quali l'ambiente naturale è conservato
nella sua integrità e che riguardano solo le aree di maggior
pregio per i valori naturalistici ed in cui la presenza antropica
è assente.
Le riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire
nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire
opere di trasformazione del territorio. Possono tuttavia essere
consentiti le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione
delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi
di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente Parco. Sono
altresì ammesse gli interventi di manutenzione delle opere
esistenti.
Le aree di protezione, nelle quali, in armonia con le finalità
istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'Ente
Parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo
metodi di coltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali
nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali ed è
incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità.
Le aree di promozione economica e sociale, facenti parte del medesimo
ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione,
nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità
istitutive del parco e miranti al miglioramento della vita socioculturale
delle collettività locali e al miglior godimento del parco
da parte dei visitatori. Va detto comunque che il piano del parco
viene approvato dalla Regione d'intesa con l'Ente Parco per quanto
riguarda le riserve integrali, le riserve generali orientate e le
aree di protezione. Per quanto riguarda le aree di promozione economica,
l'intesa è estesa ai comuni interessati.
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I
vantaggi derivanti dal Parco
Un
parco consente di rivitalizzare il tessuto sociale ed economico
di una regione, sia attraverso l'effetto diretto, in termini di
occupazione e di investimenti, sia mediante effetti indotti che
si ripercuotono su tutti i settori. La presenza di un parco diviene
la fonte di attrazione per finanziamenti e per la localizzazione
di nuove opportunità di lavoro. Soprattutto l'incentivazione
alla nascita di micro-imprese nel settore ecoturistico, la rivalutazione
delle produzioni tradizionali e il recupero del patrimonio architettonico
sono da indicare tra gli effetti positivi derivanti dall'istituzione
di un parco. In tal modo viene a realizzarsi una fitta rete di attività
imprenditoriali tali da rappresentare (vedi art. 7 e 14 della legge
394/91) l'ossatura del nuovo modello di sviluppo. Questo avviene
a favore, in prevalenza, dei giovani che possono individuare in
tale modello l'opportunità per la creazione di nuove attività.
Ciò rappresenta una novità, un'inversione di tendenza
rispetto al passato, quando solitamente si dava importanza ai grandi
investimenti industriali ed infrastrutturali: un tipo di politica
economica non adatta ad aree marginali e rurali, con frequenti effetti
disastrosi sull'ambiente naturale e sul paesaggio.
I posti di lavoro creati in un'area naturale protetta hanno una
caratteristica comune molto importante: richiedono investimenti
contenuti e, al tempo stesso, consentono, a parità di finanziamenti,
di creare un più alto numero di posti di lavoro.
Non si pensi solo ai posti di lavoro "diretti" nel settore
amministrativo, tecnico e di sorveglianza, ma anche alle nuove figure
professionali, come le guide naturalistiche e archeologiche, le
guide equestri, gli addetti alla sorveglianza antincendio, etc..
Con l'aumento del turismo nei parchi nazionali e nelle riserve naturali,
che in Europa sono spesso localizzate in aree rurali interessate
solo marginalmente dallo sviluppo, le popolazioni locali possono
trovare nuove opportunità di occupazione e di maggior reddito
attraverso piccole imprese turistiche o attività di sviluppo
integrato tra i settori tradizionali, agricoltura e artigianato,
e quelli innovativi resi disponibili dall'attuazione di una politica
di conservazione attiva dell'ambiente naturale.
Un importante contributo che l'istituzione del parco può
dare allo sviluppo dell'area consiste nella valorizzazione del settore
agro-pastorale e delle attività manifatturiere e dei servizi
connessi. Ciò avviene in particolare anche attraverso l'attivazione
di un maggior flusso di visitatori: non va infatti dimenticato che
il turismo in un parco nazionale, caratterizzato da una maggiore
qualità e da una maggiore distribuzione nell'arco dell'anno,
ha una elevata capacità moltiplicativa rispetto agli altri
settori produttivi e di servizi.
Un marchio di qualità può contraddistinguere il "prodotto"
del parco. Ogni singolo prodotto o servizio verrebbe diffuso attraverso
un nome ed un simbolo che è un sinonimo di garanzia di qualità
e di rispetto per l'ambiente. Non è difficile immaginare
l'effetto di tale "D.O.C." per il prodotto del parco,
caratterizzato per la sua qualitè ecologica e per la sua
garanzia in termini di produzione "pulita": in questo
senso la commercializzazione e la distribuzione dei prodotti tipici
diverrebbero il traino per lo sviluppo di queste zone, per la rivitalizzazione
dei settori tradizionali, primi tra tutti l'agricoltura e l'artigianato.
L'effetto di attrazione di un flusso turistico qualificato verso
le aree naturali protette troverebbe in questo un ulteriore motivo
di crescita.
Più concretamente, la legge 394/91 per le aree protette prevede
una serie di vantaggiose incentivazioni. L'art. 7 stabilisce una
priorità, a favore dei Comuni che hanno parte del loro territorio
all'interno di un Parco, dei finanziamenti previsti a livello nazionale
e regionale per interventi (solo nel territorio compreso entro i
confini del Parco) riguardanti: il restauro di centri storici o
edifici di rilevante valore storico o culturale, opere igieniche
o di risanamento ambientale (acqua, aria, suolo), opere di conservazione
e restauro ambientale nonché (di conservazione) delle attività
agricole e forestali, l'agriturismo, le attività culturali,
ecc. In attuazione di questa disposizione la Regione Autonoma della
Sardegna ha già provveduto a stanziare 46,6 miliardi per
interventi di forestazione e di valorizzazione del territorio.
Dal canto suo, il Ministero dell'Ambiente ha previsto un piano di
stanziamenti per i parchi nazionali, oltre ai contributi ordinari
previsti per il parco, di oltre 58 miliardi e una ripartizione di
fondi C.I.P.E. dell'ordine di oltre 100 miliardi.
Costituiscono, così, oggetto di finanziamento:
-
interventi per la salvaguardia, la valorizzazione e la fruizione
delle risorse naturalistiche e storico-culturali;
- interventi
di approvvigionamento idropotabile;
- interventi
di riqualificazione urbana;
- interventi
per il risanamento ambientale;
- servizi
per il turismo e la piccola impresa.
Oltre
a ciò vanno calcolati eventuali altri finanziamenti per tipologie
di interventi che rientrano nei programma comunitari.
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I
vincoli e il regolamento del Parco
Senza
vincoli, imposti o volontari, non sarebbe certo possibile raggiungere
lo scopo prioritario della tutela del patrimonio naturale e dei
valori culturali e tradizionali presenti nel territorio del Parco.
La legge 394/91 all'art. 11 elenca le attività che sono permesse
e disciplinate e quelle che sono vietate.
Si è già detto in precedenza quali sono i divieti
imposti e le attività consentite dal decreto di istituzione
del parco. Queste norme di salvaguardia viggono, però, fino
all'approvazione del regolamento del parco.
Il regolamento è lo strumento con il quale si disciplinano
i divieti e le attività all'interno del territorio del parco.
Esso però deve essere redatto dallo stesso ente parco.
Per legge sono da considerarsi particolarmente vietate le seguenti
attività: la caccia, il danneggiamento delle specie vegetali
(fatti salvi territori in cui sarà permessa l'attività
agro-silvo-pastorale), l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere
e discariche, la modificazione del regime delle acque, lo svolgimento
di attività pubblicitarie.
L'art. 11 prevede, però, che il regolamento emanato contestualmente
al Piano del Parco, comunque non oltre 6 mesi dalla approvazione
dello stesso, stabilisca le eventuali deroghe ai divieti.
Queste deroghe ai divieti dovranno essere comunque contenute nel
regolamento e soggette a nulla osta del Parco.
Pertanto non è affatto escluso che sulla base della disciplina
e delle previsioni del Piano del Parco e del regolamento l'Ente
di gestione del Parco possa rilasciare nulla-osta anche per opere
che in linea generale sarebbero vietate, ma che il Piano potrebbe
invece prevedere, in un'ottica di corretta gestione delle risorse
e del territorio. Il nulla-osta, inoltre, deve essere deciso celermente
da parte dell'ente parco, poiché se entro 60 giorni dalla
richiesta non si provvede a rilasciarlo o a negarlo, la richiesta
si intende acconsentita.
Assumono quindi grande rilievo, al fine della gestione, dei vincoli
e delle attività possibili, il Piano del Parco ed il regolamento.
Tale importanza è sottolineata dal ruolo che la legge attribuisce
alle procedure di approvazione del Piano ed al fatto che esso sostituisce
ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici
ed ogni altro strumento di pianificazione.
L'art. 11 elenca, a scanso di equivoci, anche le attività
ritenute compatibili e realizzabili all'interno di un Parco, anche
se comunque sottoposte a disciplina.
Fra le altre possiamo citare: "lo svolgimento di attività
artigianali, commerciali; di servizio ed agro-silvo-pastorali"
e "lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed
educative".
Altre attività possono essere autorizzate dall'Ente Parco,
come è facilmente deducibile dalla normativa contenuta nella
legge 394/91.
Va detto infine che il regolamento elaborato dall'Ente Parco è
approvato dal Ministro dell'Ambiente previo parere degli Enti locali
interessati e comunque d'intesa con la Regione che dovrà
perciò tutelare gli interessi delle comunità locali.
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Agricoltura
e pastorizia nel Parco
Una
delle domande più ricorrenti poste dalle categorie interessate
all'atto della istituzione di un Parco è quella che riguarda
la possibilità o meno di esercitare l'attività agricola
in senso generale. La legge quadro sulle aree protette è
inequivocabile riguardo a questo problema che viene richiamato più
e più volte in vari articoli con risposte sempre positive.
Per quanto attiene a: - misure d'incentivazione d'interventi all'interno
dei Parchi (art. 7); - contenuti del piano di sviluppo economico
sociale (art. 14); - disciplina delle attività consentite
o fatte salve dai divieti (art. 11), così come quella riguardante
le attività consentite nelle varie zone in cui è suddiviso
il Parco (art. 12); il legislatore non ha mancato d'indicare tra
le attività, non solo da praticare ma perfino da incentivare,
quelle dell'agricoltura e della pastorizia.
Nessun Parco Nazionale Italiano peraltro ha mai vietato le colture
agrarie nelle zone ad esse destinate. E' d'altronde in atto nei
Parchi Nazionali il passaggio da un'agricoltura intensiva (che fa
largo uso di fertilizzanti e pesticidi) ad un'agricoltura che privilegi
più la qualità che la quantità. Il regolamento
2078/92 CE, nell'ambito del sottoprogramma comunitario FEOGA ha
destinato 140 miliardi per l'ammodernamento dell'agricoltura sarda.
L'incentivazione di metodi di agricoltura compatibili con l'ambiente
non farà altro che giovare alle risorse fondamentali di cui
si nutre la stessa agricoltura: terra, aria e acqua. Ciò
renderà più competitivi i prodotti del Parco sul mercato
europeo. Per quanto riguarda la pastorizia, la legge n. 394/91 incentiva
le attività agro-pastorali nei parchi. Non è vero,
quindi, che i pastori verranno cacciati dal Parco. Semmai, le loro
attività potranno essere sostenute e valorizzate, pianificandole
in modo da renderle compatibili con la protezione della natura.
E' allora preferibile, come per l'agricoltura, puntare più
sulla qualità che sulla quantità, con piccole aziende
moderne e competitive che offrano prodotti di qualità garantiti
dal marchio DOC del Parco. Infatti, i prodotti genuini provenienti
da aree naturali ono al giorno d'oggi sempre più richiesti.
Ed è quello che si propone lo stesso sottoprogramma FEOGA
col regolamento 2081/93 che destina 700 miliardi per l'ammodernamento
del comparto ovicaprino della Sardegna. A 75 anni dalla sua istituzione,
nel Parco Nazionale d'Abruzzo, nonostante un costante declino iniziato
negli anni cinquanta, la pastorizia e l'allevamento brado di bovini
sono tuttora praticati; le coltivazioni vengono addirittura incentivate
dal Parco.
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Il
taglio della legna nel Parco
La
buona gestione di un Parco presuppone la tutela e la valorizzazione
delle risorse forestali che garantiscono la funzionalità
del suolo e delle acque.
Tuttavia, specialmente nell'ambito degli usi civici, o per opere
di assestamento forestale, è possibile l'utilizzazione produttiva
tradizionale del bosco. In pratica viene garantita la raccolta della
legna per riscaldamento o per altri usi domestici in tutto il territorio
del parco, ad esclusione generalmente delle sole riserve integrali.
Per queste limitazioni il Parco è obbligato a risarcire i
proprietari pubblici e privati con indennizzi una tantum o a stipulare
regolari canoni d'affitto.
Del resto l'istituzione del parco fa comunque salvi gli usi civici.
L'uso civico, nel Parco d'Abruzzo, di raccolta di legna nel bosco
a favore dei residenti è regolarmente praticato con tagli
organizzati dai Comuni in accordo con l'Ente di gestione del Parco.
All'inizio dell'inverno è normale vedere nei paesi di Pescasseroli,
Opi, Civitella Alfedena, ecc, le cataste di legna tagliata nel Parco
a disposizione degli abitanti.Nessuno, nei Parchi attualmente istituiti,
può lamentare divieti in questo senso, tutt'al più
si cerca di disciplinare e organizzare quelle attività che
vengono esercitate spesso in modo anarchico, illegale e distruttivo
della risorsa stessa che si vuole utilizzare. Le attività
di riforestazione rientrano indubbiamente tra quelle permesse o
addirittura individuate come opere di restauro ambientale. Pertanto
i cantieri forestali potranno continuare ad operare per riportare
nel Parco la vegetazione autoctona scomparsa per soddisfare i fabbisogni
di una economia ora in via di rapida trasformazione.
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Caccia
e pesca nel Parco
Le
leggi regionali 32/78 e 31/89 nonché le leggi nazionali 394/91
e 157/92 vietano la caccia nei parchi.
L'attività venatoria non è quindi compatibile con
il Parco.
E' bene però precisare che se la caccia generalizzata non
è praticabile nei 73.000 ettari del Parco (dei quali oltre
30.000 in gestione all'Azienda foreste Demaniali, di fatto già
preclusi all'attività venatoria) nelle cosiddette aree contigue
(che comprendono ben 140.000 ettari) sarà possibile svolgere
regolarmente l'esercizio venatorio.
Anzi, è importante ricordare come tali aree limitrofe ai
Parchi Nazionali offrano opportunità venatorie superiori
a quelle delle aree di libera caccia, e come sia possibile garantirvi
la caccia ai soli residenti.
Comunque la stessa legge nazionale 394/91 ritiene possibili gli
abbattimenti selettivi nelle aree parco ove sussistano evidenti
squilibri ecologici gestiti dall'Ente Parco ed effettuati dal suo
personale.
L'attività
edilizia nel Parco
In
un parco che comprende insediamenti umani sono possibili la manutenzione
ordinaria e straordinaria, il restauro e la modifica di edifici
che rispettino le tipologie costruttive tipiche delle aree. Nuove
costruzioni, invece, potranno essere autorizzate nell'ambito del
Piano Urbanistico Comunale e di ogni altro strumento di pianificazione
territoriale. Nelle zone di completamento e di espansione dei centri
urbani sarà possibile l'attività edilizia a carattere sociale o
in funzione del Parco, anche con nuove costruzioni, nel rispetto
del Piano del Parco. Come si è detto in precedenza, le misura di
salvaguardia disposte nel decreto di istituzione del parco consentono
lo svolgimento dell'attività edilizia all'interno del parco, disponendo
solo per zone 1 (ossia solo 8.000 ettari tutti in alta montagna
e su cui non sono state edificate costruzioni finora) la possibilità
di fare opere di manutenzione degli edifici
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